Sentii
mamma che mi strillava: “Dai Gianni, sbrigati, io sono pronta.Se mi fai
aspettare troppo, la torta che ho preparato per Marta potrebbe risentirne.”“Ok
mamma ho quasi fatto.”risposi, mentre cercavo di finire più in fretta possibile
il pacchetto per ilmio CD con le musiche che sentivamo più spesso quando andavo
a studiareda Marta.Speravo che ascoltare con me quella sequenza di musiche che
amava potesse scuotereMarta dalla sua totale assenza di interessi e di emozioni
che da quel maledetto incidente riempiva le sue giornate. Anche se non
rifiutava le visite delle persone care, da allora Marta non era moltopresente e
partecipe a quanto le accadeva intorno.Per
me era davvero doloroso vederla in quelle condizioni, sentirla assente,
lontana. Capivo però che quello stato di forte apatia era il suo modo
perattenuare il suo intenso malessere interiore.
“Si
è fatto buio è ora di tornare a casa” disse Marta. Luca, il suo ragazzo, le
rispose: “Ma dai stiamo ancora un po’. Oggi siamo riusciti ad avere la
compagnia anche di tuo fratellone Stefanocon la sua Luisa. E poi questa
bottiglia di vino è così buono che non possiamo lasciarlo qui. Godiamoci ancora
un po’ questo bel fuoco nel caminetto.” Luisa disse “Hai ragione Luca. E’ stata
una giornata troppo bella. Ora però dobbiamo tornare. La strada è lunga e
specie di notteè pericolosa,.” Poi sospirando aggiunse: ”Dai Luisa, sistemiamo
le cose, così poi andiamo.”
Ernesta,
la mamma di Marta ci aveva chiamato quando la avvisarono dell’incidente dei
suoi figli, avvenuto mentrestavano tornando dal loro casolare in collina, dove
erano stati a pranzo.Era buio e forse erano stanchi.Forse erano anche un poco
appannati dal buon vino rosso bevuto generosamente durante la cena. La causa
specifica dell’incidente fu comunque la distrazione di Luca, che decise di
accontentare Marta quando gli aveva chiesto di baciarla. Fu quel bacio troppo
lungo,scambiato mentre percorrevano la strada tortuosache attraversava il
bosco, che fece arrivare l’auto al tornante sottostante, dove si frantumò
addosso al tronco di una grande quercia.
Quando
Marta ci vide ci salutò con un timido sorriso. Sapeva che non le avremmo creato
imbarazzi. Volevamo portarle ancora una volta il nostro affetto e, se
possibile, un momento di svago per darle serenità.Mia madre ed Ernesta si
misero in cucina a chiacchierare e io rimasi con Marta ad ascoltare la
compilation.Marta era silenziosa e assorta mentre ascoltava la musica. Capii
che il mio regalo le era piaciuto, perché il suo viso, tanto bello anche così,
senza l’espressione vivace e sbarazzina dei suoi momenti migliori, cominciò
lentamente a cambiare, fino ad assumere una dolce serenità.Quel giorno,a
sorpresa, Marta chiuse anche la nostra visita diversamente.Invece di salutare
con distacco, questa volta mi chiese di tornare presto a trovarla. Finalmente
aveva deciso di superare il suo stato,fonte
per tutti i suoi cari di ulteriore sofferenza.Avrebbe magari ricordato
le cose che più le avevano portato sconforto, provando aliberarsi da quel senso
di colpa,per la sua involontaria leggerezza che stava facendo soffrire proprio
le persone che aveva più care. Prima di tornare da lei ho rimuginato molto su
come aiutarla a ritrovare se stessa.
Quando,
giorni dopo, passai a salutarla, la trovai pensierosa, incerta, ma anche molto
determinata a parlare con me. Pensai che era bene lasciare a lei la scelta dei
contenuti della nostra conversazione.Io ero pronto a rincuorarla,e, se necessario,
anche a spronarla. Con lei potevo essere totalmente sincero, come ero sempre
stato fin dagli anni dell’asilo. Poteva essere dura anche per me, ma ho creduto
che per lei fosse il solo modo per scuotersi,per cominciare a smontare la sua
spessa corazza.“Gianni, non so quale è stata la cosa che più di tutte mi ha
portato ad essere così triste tanto a lungo.” disse Marta. Con voce rotta parlò
prima di Stefano, poi di Luca e infine di Luisa. Disse: “Mio fratello per una
settimana è rimasto in coma, in ospedale, avendo sbattuto molto forte la testa
quando la macchina, dopo aver rotolato nella scarpata ha urtato con violenza
una enorme quercia.Il mio ragazzo ha lasciato alla polizia la sua patente, ritirata per guida in forte stato di ebrezza.
Ora porta spesso a passeggio Spillo, il volpino che gli avevo regalato due anni
fa, avendo tanto tempo daquando ha dovuto lasciare il suo lavoro di autista di
pullman turistici.La ragazza di mio fratello, la mia più cara amica, ha appena
iniziato un nuovo ciclo di fisioterapia per la riabilitazione motoria, dopo
essere stata lungamente immobilizzata per le fratture alle gambe. Nessuno sa
con certezza se potrà tornare ad essere quella di prima.” Marta sospirò, e poi,
con gli occhi lucidi,aggiunse: “ Ed io che ho causato tutto questo, non mi sono
fatta niente.”Risposi di getto: “Non è vero che tu non ti sei fatta niente. Hai
sofferto moltissimo, e non per i lividi che avevi ma perché ogni tuo momento
era reso insopportabile del rimorso, essendoti convinta di essere stata tu a
provocare tante sofferenze alletue persone più care.”Marta sorrise e con un
fare distratto, come se stesse ancora con la mente ferma a quella giornata
sulla collina biascicò lentamente: “E pensare che mai come quel giorno eravamo
stati tanto bene. Avevamo fatto una lunga camminata, dal casolare di Luca, sul
fianco della collina, al piccolo lago che le stava ai piedi, attraversando il
bosco fino a quei grandi alberi che si riflettevano nel lago, cambiandone il
colore dall’azzurro al verde oliva. Avevamo mangiato benissimo e avevamo
scherzato sulle piccole,‘stranezze’che appartenevano a ciascuno di noi. Non
doveva finire così quella giornata. Il mio bacio per Lucanon doveva costarci
l’abbraccio stretto di quella grossaquercia sulla sponda del lago”. Fissandola
con grande intensità e cercando le parole le dissi: “Sai, Marta, credo che se
le nostre azioni sono suggerite dalla gioia e dall’amore e accompagnate dalle
intenzionimigliori, sono comunquebenvenute, qualunque rischio o danno
imprevisto possano causare.”Dopo aver ascoltato
insieme una quantità smisurata di musica ci rendemmo conto che si era
fatta sera. Prima che uscissi Marta disse improvvisamente la cosa che da tempo
speravo mi dicesse: “Finalmente ho chiaro che cosa è più utile e più giusto
fare. Ho deciso cosa voglio fare d’ora in poi. Passerò molte ore al giorno con
Luisa per aiutarla a fare la ginnastica riabilitativa che le hanno indicato i
fisioterapisti. Farò qualche passeggiata in più insieme a Spillo, stando
insieme a Luca, per cercare di ridurre il suo grande malessere da quando ha
interrotto il suo lavoro. A casa poi cercherò di parlare con Stefano, molto più
a lungo di prima, per accelerare il suo recupero completo dopo i lunghi giorni
che è stato privo di conoscenza.”
Marta,
nei mesi seguenti, fece davvero tutto
quello che aveva deciso. Il suo impegno si ridusse solo dopo che facemmo … la gita di fine convalescenza, andando
tuttialla casa in collina. Luca e Marta vollero invitarmi ad andare con loro,
forse perché, visto che io sono astemio, potevo guidare per il ritorno. Anche
quella sera Marta baciò a lungo Luca, proprio mentre io percorrevo la curva che
mesi prima era stata così infida e spietata. Poi, sorridendo,disse: “Ragazzi…
ecco qua. Come vedete ho perso il mio fascino. Non sbanda più nemmeno
l’autoquando è testimone di un mio bacio così intenso.” Poi, facendosi seria,
aggiunse: ”Comunque oggi posso dirvi che preferisco un bacio senza sbandamenti
se per avere baci che fanno sbandare serve poi abbracciarsi forte e troppo da
vicino … con il legno ruvido di una quercia che si specchia sul lago”.
Motivazione:
In questo racconto l’Autore ci parla del rimorso, un’emozione derivante da una
azione spesso sconsiderata, che può distruggere la persona. Una lezione di vita
che ci insegna come affrontare nel positivo il danno creato. Un testo intenso e
colmo di sensazioni.
Paola
Bosca.
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