lunedì 21 novembre 2016
INVIDIA (PAOLA SVIBEN)
Desiderio dell'essere io,
ambizione all'avere mio,
roditore che attacca il fegato
e, lento, lo lacera.
Il tuo limite non comprende
che mai sarai
la sostanza che mi anima.
Il sensibile ti è sconosciuto,
le generose mani tu chiudi,
l'intelletto è fuggito,
o non ti ha mai accompagnato.
Ti credi il centro
e gli altri periferiche,
palline da spingere in buca.
Non avrai il mio stesso trattamento
dal gestore della vita.
Tu mal tratti irriconoscente,
offendi spavalda
e non vuoi pagare i tuoi conti.
Il percorso è sbagliato,
la strada chiusa,
il vicolo cieco.
Non arriverai a destinazione
perché nessuno te la indicherà.
Ti perderai
e sarà lì che avrai paura.
Ricordi ti assaliranno,
invadendo la mente,
nostalgia lenta sorgerà
e, guardando la bussola rotta,
piangerai,
non perché avrai compreso
l'errore
ma, ancora una volta,
egoista,
cercherai un'anima
a cui aggrapparti per farla affogare
e i suoi tesori, come sciacallo, rubare
perché tu sola non ti salvi,
sola non li trovi,
perché nessuno a te si dona.
Lingua biforcuta
di serpente,
come lui subdola e strisciante,
a nulla servirà il gettare discredito,
tutti conoscono la colpa del tuo peccato
e se, come Eva,
originariamente ti ho creduto,
oggi ti dico: "non mi stringerai più
tra le tue spire.
Qual si voglia forma
tu assumerai,
mai più mi incanterai.
Io non sarò la preda
di cui ti nutrirai...avvoltoio".
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